Nome
Il nome deriva dalla zona di produzione ed è indicato in alcuni atti processuali del Vicariato di Scarperia, risalenti alla prima metà del 1800.
Attualmente, in particolare in seguito alla pubblicazione di un articolo citato sotto, nella sezione “Per saperne di più”, il nome di “Coltello alla Pistoiese” è stato riscoperto e molti collezionisti ed appassionati (compreso il sottoscritto) lo associano, non si sa se giustamente o meno ad una gamma abbastanza variegata di coltelli.
In precedenza alcuni coltelli con caratteristiche simili, ritrovati nell’area di Imola, erano chiamati “Imolesi”.
Descrizione
Si tratta di una tipologia di coltello con alcune caratteristiche comuni ed altre invece, piuttosto eterogenee. Gli esemplari che ho avuto modo di vedere sono di grandi dimensioni, con lunghezza da aperti, superiore a 25 centimetri.
Il manico è realizzato in un unico pezzo di legno di bosso, a cui è applicata una fascetta in ferro o in ottone, alta o molto alta. Sia sulla fascetta che sulla porzione esposta del legno sono presenti incisioni ed intagli con funzione decorativa e di miglioramento della presa. La parte terminale del manico, che accoglie la punta della lama in posizione chiusura, è di forma arrotondata. Sul lato dorsale del manico, sempre nella parte terminale, è presente in molti esemplari un intaglio profondo, a formare uno scalino.
Sul manico è applicata, esternamente, una molla fissa di solito piuttosto corta, ma sono noti esemplari simili sprovvisti di molla. Non è chiaro se anche questi ultimi fossero considerati “coltelli alla Pistoiese”.
La molla, quando presente, risulta incassata nel manico per il suo spessore ed è fissata ad esso tramite due chiodi ribattuti. Essa viene impegnata,a coltello aperto, da uno o più dentini (i cosiddetti scrocchi) presenti sul tallone della lama.
La lama ha profilo molto acuto, la forma in alcuni esemplari ricorda molto quella dei coltelli sardi tipo coltello Pattadese. In diversi esemplari sulla lama si trova un foro in prossimità della punta. Si tratta di un escamotage che veniva usato per far passare un coltello di tipologia vietata come un attrezzo da lavoro.
Utilizzo
Date le dimensioni e le caratteristiche costruttive, il coltello poteva essere principalmente destinato allo scontro. Gli esemplari con il foro sulla lama vengono indicati, sempre sugli atti processuali citati, come coltelli in dotazione ai vetturali, utilizzabili per riparare i finimenti in cuoio degli animali.
Epoca e centri di produzione conosciuti
Gli atti processuali antichi citati dalle pubblicazioni che che ho letto indicano, come uno dei centri di produzione, la località di Ponte alla Trave, nel comune di Agliana,a pochissimi chilometri da Pistoia. Coltelli piccoli della stessa tipologia sono stati trovati a Imola. Esemplari simili ma di dimensioni più contenute e privi della molla, venivano prodotti a Scarperia.
Il fatto che coltelli di questa tipologia fossero prodotti in area pistoiese non esclude la fabbricazione in aree contigue.
Coltelli con manico in bosso e blocco a scrocchi erano fabbricati probabilmente in altri centri del Granducato di Toscana e dello Stato Pontificio, in area emiliano romagnola.
In particolare, in pubblicazioni ottocentesche viene citata la produzione a Lugo di Romagna di un coltello con caratteristiche comuni (manico in bosso e blocco lama con molla fissa e tre scrocchi), conosciuto come Serratore di Lugo del quale però, ad oggi, non ho rintracciato descrizioni più accurate.
Alcune tra le punzonature note
- Pesce stilizzato;
- Rettangolo;
- Chiave;
- Forma indefinita, simile ad una “i” maiuscola o ad un numero 7
Per saperne di più
Salvatici Luciano, Fatti di coltello negli atti Criminali del Vicariato di Scarperia 1839-1849, Edifir-Edizioni Firenze, Firenze, 2004
Paola Tincani (Direttore), Coltelli d’Autore – La collezione dei capolavori della coltelleria italiana – Numero 28, Hachette Fascicoli, Milano, 2014
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